“Professione Vacanze“, la leggerezza estiva anni ‘80
Una miniserie di 6 episodi che da quasi 40 anni rimane nella memoria collettiva
Ci sono programmi che spariscono. Altri che ritornano. E poi c’è “Professione Vacanze”, che non se n’è mai andato davvero. Ogni estate – puntuale come un tormentone – riappare sui palinsesti Mediaset, a ricordarci un tempo in cui bastava una sigla per evocare il mare, il sole e la spensieratezza anni ‘80.
Era il 16 aprile 1987 quando Italia1 trasmise per la prima volta questa miniserie di sei episodi, prodotta l’anno prima e ambientata nello scintillante villaggio pugliese di Cala Corvino, a Monopoli (Bari). Un resort vero, costruito pochi anni prima, che divenne set e coprotagonista. A guidare lo show, Jerry Calà nei panni dell’animatore Enrico Borghini, scapolo incallito, casinista professionista, con più grane che capelli in testa. Ma alla fine, un cuore buono.
Io avevo dieci anni, e me lo ricordo bene. Lo guardavo con i miei genitori, seduti sul divano. Bastarono poche scene per farmi affezionare. In particolare, ricordo con emozione l’episodio del “fantasma” (ancora oggi ne ripeto una scena: “Non lo so, non lo voglio sapere e, se vuoi un consiglio, cerca di non saperlo nemmeno tu”!), che da piccolo mi fece un po’ paura e mi tenne sveglio a pensare al villaggio di notte! Ma oggi, quando rivedo l’ultima scena dell’ultimo episodio, con quegli ombrelloni che si chiudono sul villaggio deserto, salgono nostalgia e malinconia… e scende una lacrimuccia.
Non era solo la trama, né le gag. Era l’atmosfera. Bastavano le prime note – sparate a tutto volume – della sigla iniziale “Lady Godiva”, composta da Bob Masala, per far salire subito l’emozione. Quel ritmo disco e allegro bastava da solo a trascinarci lì, a Cala Corvino, nell’estate che tutti avremmo voluto vivere. O magari avevamo vissuto. O forse sognavamo soltanto, davanti alla TV.
Ogni puntata era una piccola storia a sé, ma con un filo conduttore unico che attraversava l’intera estate: ospiti improbabili, flirt da ombrellone, comiche incomprensioni. Un mix leggero ma mai banale, a metà tra la sitcom all’italiana e la commedia balneare. Il tono era spensierato, ma attento ai dettagli: scenografie curate, inquadrature studiate, ritmo narrativo ben calibrato. Si respirava l’atmosfera dei veri villaggi esclusivi di quegli anni, tra giornate in piscina, tornei sportivi, aperitivi con vista mare e l’immancabile sfoggio di occhiali a specchio.
E il cast era un caleidoscopio. C’erano Gegia, Sandro Ghiani, Teo Teocoli, Mara Venier, Claudio Amendola, Isabella Ferrari, Francesco Salvi e persino un giovanissimo Giacomo Poretti, futuro Aldo-Giovanni-e-Giacomo, in un simpatico cameo. Erano i volti che presto avremmo visto ovunque, nei film, in TV, nei varietà del sabato sera. Tutto stava cambiando.
Il programma, firmato da Vittorio De Sisti, non vinse premi, ma vinse qualcosa di più: la memoria collettiva. Non c’era social media, nessuna strategia di marketing. Eppure, oltre trent’anni dopo, tutti ne ricordano almeno un episodio. O una battuta. O quella sigla, che si insinua ancora oggi nelle orecchie di chi accende la TV a luglio.
“Professione Vacanze” fu anche il ritratto di un’Italia che cambiava. L’animatore da villaggio turistico – figura inedita nella fiction – divenne eroe e antieroe insieme. Faceva ridere, certo, ma con una punta di malinconia. Perché sapevamo che quell’estate, prima o poi, sarebbe finita.
E invece no. Non è finita. Non del tutto. Ogni volta che torna in TV, ci ritroviamo ancora lì: tra la piscina e il bungalow, tra una battuta di Calà e un bacio rubato sulla spiaggia. Lo rivediamo con nostalgia, ma anche con gratitudine. Perché, in fondo, ci ha insegnato che si può ridere anche con leggerezza, senza superficialità.
“Professione Vacanze” ebbe in realtà un seguito, ma senza lasciare il segno. Eppure, la serie originale non è mai davvero uscita di scena: è rimasta nel DNA estivo di una generazione, come le granite al limone, i juke-box nei bar o i gettoni per la cabina telefonica. Ancora oggi, quando viene ritrasmessa, i social si riempiono di commenti: “Lo stanno ridando!”, “Mitico Jerry!”, “La puntata con Sabrina Salerno!”.
In un’epoca in cui tutto passa in fretta, “Professione Vacanze” è resistito all’oblio. Forse perché non voleva insegnare nulla, ma ci ha insegnato qualcosa lo stesso. Che l’estate vera è quella che conservi dentro, che a volte basta una sigla, una risata, o una puntata vista da bambini per riportarla indietro. E forse è proprio questa la magia: quando la leggerezza diventa colonna sonora dei ricordi più belli.