Elogio dell'errore, nemico dello standard
Ci stiamo abituando ad avere esperienze sempre uguali e perdiamo la capacità di stupirci e sperimentare
Siamo nell’epoca contraria all’errore, specialmente quello umano. Quando ci facciamo il caffè, tra cialde e capsule, a meno di qualche difetto di fabbrica ogni tazzina viene uguale a quella precedente. Noi non abbiamo più voce in capitolo, quando invece con la moka i fattori in gioco erano infiniti, molti dei quali sotto il nostro controllo. La quantità di caffè, se questo veniva o meno pressato, la fiamma del fuoco. Al di là della qualità dell’utensile o della miscela, poteva venire un caffè buono o pessimo anche a seconda delle scelte che facevamo.
E in auto è più o meno uguale. I tanti Adas, i sistemi avanzati di sicurezza alla guida, cercano (giustamente) di ridurre al minimo l’effetto dell’errore umano, mentre andiamo verso la guida autonoma. La sicurezza al volante è sicuramente prioritaria rispetto alla qualità di un caffè, perlomeno per la stragrande maggioranza di noi, ma il principio alla base rimane lo stesso: l’esperienza dev’essere sempre uguale, ripetibile nella sua infallibilità. E ancora, ovviamente, i cibi confezionati, tutti uguali tra loro. Tanto che qualunque uscita dalla norma viene vista come un difetto ed è fonte di biasimo per il produttore. Se la produzione in serie aveva dato il via al processo di standardizzazione degli oggetti, noi siamo giunti alla standardizzazione delle esperienze.
La divergenza dalla norma viene chiamata errore e noi, lentamente ma inesorabilmente, stiamo smettendo di abituarci a imbatterci in qualcosa di diverso. Che sia un prodotto o un’esperienza. Siamo tutti uguali, abbiamo tutti oggetti uguali e viviamo tutti le medesime esperienze. Se questo, in teoria, dovrebbe fornirci anche esperienze più sicure, ci fa perdere sia lo scontento che la soddisfazione verso qualcosa che non va come avevamo previsto.
L’intelligenza artificiale, quando utilizzata per generare qualcosa che dovrebbe essere “nuovo”, va in questa direzione. Non ci accorgiamo che l’AI attinge per tutti dal medesimo bacino di informazioni. Noi possiamo darle input differenti, cercare di piegarla alle nostre personalissime esigenze, ma è come se ogni risultato fosse il prodotto della medesima “mente”. Anche lì perdiamo la possibilità di sorprenderci.
L’arte, essendo unione indissolubile di oggetto ed esperienza, non può non subire gli effetti nefasti di questa spinta verso la standardizzazione. I prodotti artistici sono concepiti sempre di più come oggetti di consumo, come prodotti che devono rispondere alle esigenze del pubblico e non a quelle espressive dell’artista.
E poi ci sono gli effetti sociali della standardizzazione. Se il desiderio di omologazione, con il fine di appartenere a un gruppo per sentirsi più protetti, fa parte dell’animo umano, qui stiamo portando all’estremo un fattore forse inevitabile. Ci raccontiamo che la società sta cambiando, sta diventando più inclusiva. Ma anche in questo caso seguendo i dettami della standardizzazione delle esperienze. C’è un modo giusto per essere delle brave persone, un modo corretto per essere gay, lesbiche, femministe, progressisti e ambientalisti. Pure le esperienze più personali devono seguire degli standard per essere validate.
Ci aspetta un futuro più sicuro, perlomeno su scala nazionale. I crimini sono in diminuzione da decenni e le morti frutto dell’errore umano verranno progressivamente ridotte. Ma allo stesso tempo stiamo sacrificando la nostra libertà, la nostra creatività, il nostro libero arbitrio, immolandoli sull’altare di un controllo sul nostro agire che talvolta diviene repressivo. Thomas Hobbes (1588-1679) alcuni secoli fa aveva già capito che, per semplificare, i concetti di libertà e di sicurezza sono inversamente proporzionali: all’aumentare di uno dei fattori, l’altro diminuisce. Se nello stato di natura, in assenza di leggi e controllo statale, si ha il massimo grado di libertà in assenza di sicurezza, le leggi limitano l’agire permettendo ai cittadini di vivere più serenamente.
Ma quello che Hobbes non poteva prevedere è che la tecnologia avrebbe portato a una sicurezza che nulla ha a che fare con la vita e la morte. Con gli Adas possiamo anche pensare che puntare alla standardizzazione della guida autonoma possa aiutare ad abbassare il numero di vittime sulla strada, che sono sempre troppe, ma l’appiattimento artistico, esperienziale, umano è un effetto collaterale che non ha alcun effetto positivo sulla nostra vita. Ci abituiamo ad avere tutto pronto, perfetto, sempre a portata di mano. Siamo così abituati ad avere un’esperienza perfetta con Amazon, per esempio, che diventa un problema se per qualche motivo il nostro pacco arriva in 48 ore anziché in 24.
L’errore fa parte della vita. Perderlo di vista significa anche smettere di accettare il fallimento come circostanza possibile. La continua performatività a cui siamo spinti ci induce a rimanere nella nostra zona di comfort perché sbagliare non è più concesso, fallire non fa più parte della vita, è una possibilità di cui dobbiamo vergognarci. Non riusciamo a comprendere come l’errore e il fallimento siano inevitabili e, nel lungo periodo, potenzialmente positivi. Non ci può essere innovazione senza che si esca dalla propria comfort zone e uscire da essa significa esporsi anche al fallimento.
Allo stesso modo standardizzare le esperienze porta da un lato alla perdita della capacità di sorprendersi (e anche di essere delusi, a seconda delle circostanze) e dall’altro lato ci fa dimenticare come la nostra unicità di esseri irripetibili ci porti a vivere esperienze analoghe anche in modo molto diverso. Ed è un bene, non un male da combattere. Senza nemmeno citare De Andrè (dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior), elogiamo l’errore perché genera vita, diversità, varietà. È la capacità di fallire, inventare, sbagliare, innovare a differenziarci dalle macchine. Nessuna AI genererà mai qualcosa che non proviene dal suo “bagaglio culturale”, nessuna AI (partendo da dati corretti) sbaglierà mai. Noi umani siamo un’altra cosa.
di Tiziano J. Lovi